Ieri sera ho assistito alla bella presentazione del libro “Roma Caput Vini” di Giovanni Negri all’Enologica Friulana di Udine. L’autore è una persona molto interessante e la serata è stata sicuramente occasione di confronto sui temi del libro e delle ricerche legate al vino e alla storia. Da una parte ricerche filologiche dall’altra ricerche scientifiche, che ci riportano un quadro esaustivo e chiaro sul legame tra l’Impero Romano e la vite. A parte i contenuti, che ognuno può scoprire ed apprezzare direttamente leggendo il volume, vorrei condividere due considerazione.
La prima: l’intento dell’autore è anche quello di non far sentire più gli italiani i fratelli poveri della Francia, fornendo una storia millenaria alla nostra viticoltura. Perchè ne abbiamo bisogno? Quale delle mille qualità che ci contraddistingue non svolge il suo ruolo impedendoci di fare comunella e di far emergere in maniera preponderante le peculiarità del nostro territorio e con esso i nostri vini? Ieri sera una vignaiola mi faceva presente il suo ricordo positivo di una fiera di tanti anni fa, per raggiungere la quale un gruppo di viticoltori si era organizzato con corriera e prenotazione di gruppo dell’hotel, un’esperienza non solo professionale ma di confronto. Ecco, mi sembra che il confronto faccia paura a noi italiani, che ci crediamo creativi ai massimi livelli e non vogliamo condividere idee. Forse dovremmo rifarci un pò alla regola giapponese del Kai Zen, che sta a significare miglioramento continuo di qualcosa di preesistente grazie anche alla comunità, senza per forza aspirare all’invenzione!
La seconda: il DNA non ci salverà e per favore non ne facciamo un baluardo nella comunicazione! La ricerca scientifica deve progredire soprattutto in direzione della sicurezza alimentare e creare fiducia nel consumatore, meno interessante per questo aspetto il dialogo tra scienza e pubblico perchè costellato di problematiche legate a terminologia e saperi specifici. Giovanni Negri, nel corso della presentazione, citava i casi in cui alcuni vitigni “storici” rivelano, tramite il DNA , una provenienza diversa….con conseguente scoramento dei vignaioli che si vedono strappare la paternità di un ceppo. Mi è venuto subito in mente il video dell’anno scorso del Zinfandel Festival (il Zinfandel risulta essere geneticamente Primitivo italiano e Plavac Mali croato), come trasformare la perdita di identità in un plus! La storia è fatta da uomini, è l’umanità che va valorizzata di pari passo con il territorio. Le frodi alimentari si combattano grazie alla scienza, ma anche smascherando un comportamento illecito e irresponsabile che di umano ha poco o nulla.