Ogni volta che dal Friuli Venezia Giulia mi reco a Milano mi sento un pò Pozzetto ne Il ragazzo di campagna, forse perchè mi piace troppo la dimensione della “ragazza di campagna”! Travolta dalla folla alla stazione centrale, che sembra che se non si corre non va bene, e incuriosita dalle conversazioni telefoniche business oriented in metropolitana, che se non è business che gusto c’è, mi ritrovo a sorridere pensando a quanto mi piaccia vivere in una piccola regione a nord est (che i miei amici milanesi non si sentano offesi, riconosco come loro in compenso abbiano molto, dai teatri ai ristoranti). O forse, devo ammetterlo, sono anche le infrastrutture manchevoli e i treni che non arrivi mai che mi fanno sembrare la direttiva Trieste – Milano un vero viaggio, ma questo è un altro discorso!
Resta il fatto che l’altra sera l’evento a Milano era di quelli importanti, una bellissima serata dedicata al Vino della Pace, eccellenza tutta friulana. Che cos’è il Vino della Pace? Il frutto della vendemmia di 885 vitigni di tutto il mondo che hanno dimora in un fazzoletto di terra di circa 2 ettari a Cormòns (GO). L’idea di una Vigna del Mondo nasceva nel 1983 da un intuizione di Luigi Soini, direttore della Cantina Produttori Cormòns, come esigenza sperimentale, e si trasformava ben presto in un simbolo e in un messaggio universale. L’unicità di questo progetto e il fatto che il protagonista fosse il vino, da sempre bevanda sacra ed alimento che accomuna gran parte del mondo, portò ben presto ad ulteriori sviluppi che potessero arricchirlo e dargli la giusta valenza. Nel 1985 gli artisti Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro e Zoran Music realizzavano le prime etichette del Vino della Pace ed inauguravano così la tradizione che ogni anno vede tre artisti di fama mondiale prestare la loro opera e firma a questo vino. Quasi 100 artisti fino ad oggi hanno celebrato con un’etichetta la produzione di un vino che è idealmente portatore di pace e fratellanza e che ogni anno parte da Cormòns alla volta dei Capi di Stato di tutto il mondo. A vendemmiare questi grappoli ognuno diverso sono i giovani del Collegio del Mondo Unito che ha sede a Duino (TS), studenti di ogni nazionalità.
Ma il Vino della Pace si beve? Eccome se si beve ed è anche un vino davvero speciale! La riprova si è avuta durante questa cena al ristorante V Piano del Visconti Palace di Milano, in cui sono state degustate quattro annate, la 2011, la 2000, la 1997 e la 1989. Il giovane chef Matteo Torretta ha stupito con la sua maestria nella preparazione dei piatti, e fondamentale è stato anche lo studio dell’armonia perfetta nell’abbinamento cibo-vino (e qui non posso che citare i cari amici Federico Menetto e Bruno Petronilli che ci hanno messo la zampino!). La degustazione prende avvio con il Vino della Pace 2011, la cui etichetta è realizzata da Medhat Shafik, e il cui racconto è affidato al sommelier Luca Gardini, che ci fa apprezzare la freschezza di questo vino giovane dalla lunga vita in divenire e dal colore giallo paglierino tenue.
La prima portata è quella che senza dubbio ha colpito maggiormente la sala, tanto da farsi ricordare a fine serata come piatto d’autore: un risotto con clorofilla di prezzemolo e vongole al lime che sembrava un giardino fiorito. La bocca è pervasa dalla freschezza del gusto e dalla mineralità, sensazioni che vengono potenziate dall’abbinamento con l’annata 2011.
La seconda annata presentata è il Vino della Pace 2000, un salto temporale che differenzia nettamente il colore, qui declinato in un lucente giallo dorato. Nel vino ritroviamo i sentori e sapori di frutta secca e di spezia dolce come lo zenzero, ben illustrati dal sommelier Roberto Adduono. Come non notare subito l’etichetta realizzata dal premio Nobel per la letteratura 1997 Dario Fo. A corredo del disegno d’autore, anche una frase che lo completa “La pace va bevuta in gran compagnia”. In simbiosi con i valori del vino e della sua portata il commento, a questo punto della serata, di Toni Capuozzo, memoria storica della cronaca di guerra, che ci fa notare come il vino si differenzi completamente dai superalcolici. Nella sua esperienza dei grandi orrori della guerra, l’alcol con alte gradazioni era molte volte un mezzo utilizzato per dimenticare e l’uomo ne usciva trasformato, stravolto, quasi una maschera di se stesso. Il vino è sempre stato invece la bevanda dell’incontro, della gioia della pace e del dialogo, dei brindisi che suggellavano la fine della guerra e l’amicizia.
La seconda portata è un tagliolino aglio, olio, peperoncino e zenzero, quest’ultimo a ricordare con armonia il vino. La cremosità della pasta si amalgama con la corposità di questa annata, che regala un finale di pulizia ed equilibrio. Lo zenzero si fa notare per il suo dono di energia vibrante, allegria e tonicità. Questa rivisitazione di un classico della cucina italiana è sicuramente da provare anche a casa!
La serata continua svelandoci quanto il Vino della Pace ha dalla sua di potenzialità di invecchiamento. Una domanda che di solito si pone rispetto a questo vino, per chi non lo conosce, è se sia bianco o rosso: effettivamente la questione sorge se pensiamo al fatto che è composto sia da uve bianche che rosse, ma la vinificazione è in bianco, cioè il risultato finale è un vino bianco (in parole povere nel processo di vinificazione le bucce non restano a contatto con il mosto). L’annata 1997 del Vino della Pace è sorprendente, sicuramente evoluta e in maniera nettamente positiva: il colore è giallo dorato carico, al naso ed in bocca la complessità si arricchisce di rimandi erbacei e di una bellissima e persistente mineralità. Lo racconta bene il simpatico sommelier Ermes Cantera, che usa poche e sintetiche parole per descriverlo, in quanto, aggiunge, l’importanza di un ottimo vino sta nel degustarlo non nel descriverlo! L’etichetta è opera del pittore Vico Calabrò (nello stesso anno gli artisti sono anche Cyr Frimout e Robert Rauschenberg).
Il piatto in abbinamento è la cappasanta scottata con crema di verza acidula e ristretto di cotechino ed erba ostrica. Questo piatto mi è piaciuto moltissimo, sarà perchè il vino che lo accompagnava era strepitoso, sarà perchè con i vini friulani sono abituata ad apprezzare la mineralità oppure perchè era la prima volta che mangiavo l’erba ostrica. Va bene, so già che tutti conoscete l’erba ostrica e ve la mangiate anche a colazione, lo so perchè sia alla cena che nei giorni seguenti al mio citare l’erba ostrica è seguito un “ma come, non conosci l’erba ostrica?”. La mia sorpresa rispetto a quest’erba mi ha portata a fine serata nella cucina dello chef…della serie che sono come San Tommaso, se non provo non credo: effettivamente il sapore è molto simile a quello dell’ostrica!
L’ultima annata in degustazione ci riporta indietro di 24 anni, è il Vino della Pace del 1989, con etichetta disegnata dal poliedrico artista ceco Milan Knizak. Un vino così importante merita una descrizione degna e qui è entrato in campo il sommelier Matteo Zappile, che ci ha stupito con un volo pindarico in cui la storia di quell’anno si intreccia alle note e alla personalità del vino. I sentori di affumicato e di cenere si fanno tutt’uno con la polvere della caduta del muro di Berlino in un afflato di pace e di tensione alla positività. Azzardato di primo acchito, non è poi così surreale raccontare in questo modo un vino che veniva descritto da Veronnelli come “reale che dona l’irreale”. Al di là del suo essere un vino a tutti gli effetti, il Vino della Pace condensa in sè la doppia anima di sostanza e spirito.
Il piatto proposto a finale è la pluma iberica scottata con spuma di mele e porro cotto nel sale. Notata all’unanimità dai commensali la cottura perfetta per questo raffinato taglio di carne e l’abilità dello chef che si riflette in questa portata. Decisamente un delizioso coronamento per una grande cena.
Consiglio come esperienza a chi è di passaggio in Friuli Venezia Giulia di andare a visitare la Vigna del Mondo a Còrmons, visibile già dalla strada all’interno degli spazi della Cantina Produttori Còrmons, realtà vinicola che raccoglie e rappresenta ben 167 piccoli produttori della zona, per farsi un’idea più concreta di questa bella iniziativa.