Una volta che hai visto una fonte, e che hai capito cosa significa acqua a Km 0, difficilmente sceglierai un’acqua diversa da bere nella quotidianità, o almeno così a me è successo nel caso della Fonte di Fleons a Forni Avoltri. Invitata ad un trekking del tutto particolare, ho accettato con curiosità, visto che sono solita dire scherzosamente che non bevo acqua, perchè il vino la contiene al 90%. A parte gli scherzi, tutti beviamo acqua per dissetarci, per il benessere del nostro organismo e per il suo equilibrio. Quale acqua sta poi alle scelte di ognuno.
Forni Avoltri negli anni felici del boom economico italiano, ce lo racconta la nostra guida Giacomo Pinna, era una meta di grande moda e qui venivano da Trieste e dalle altre regioni limitrofe per danzare al suono di uno dei primi juke-box. L’estate era una lunga stagione turistica, che vedeva arrivare gruppi di amici in pullman desiderosi di divertirsi ballando e festeggiando nei molti locali di Forni Avoltri fino a notte fonda. Oggi il juke-box non c’è più, lasciando spazio ad una vita molto più tranquilla e ad un turismo che sceglie questa località proprio perché fuori dalle mete “trendy”, in cui i sentieri per il trekking sono poco affollati, permettendo di godere appieno il paesaggio.
La fonte di Fleons è parte integrante di questo ecosistema, e anche grazie a lei vige una protezione dell’ambiente assoluta. Chi gestisce una fonte, è obbligato per legge – in virtù della concessione mineraria – a tutelare la montagna e la sua natura come fossero sacre. Che poi Goccia di Carnia abbia scelto di sposare la regione Friuli Venezia Giulia in toto, è una bella opera di marketing territoriale. Ogni bottiglia della sua acqua riporta il logo del turismo regionale, mettendo in evidenza il legame imprescindibile che vi è tra un qualcosa che non può essere delocalizzato (la fonte, appunto) e il territorio di cui è parte.
In ogni acqua da fonte vige il divieto per legge di spostare l’imbottigliamento altrove se non nelle vicinanze stesse di dove l’acqua sgorga (creando così anche occupazione in loco). Essa non può essere trasportata in cisterna, ma solo imbottigliata localmente, dopo diverse analisi e controlli di laboratorio che ne garantiscano le qualità organolettiche e microbiologiche. L’acqua è un fluido vivo, con una carica batterica di cui alle volte non siamo consapevoli. Se per esempio andiamo a prendere l’acqua ad una fonte pubblica (come nel caso delle “casette del sindaco” o delle fontane a cielo aperto che ancora si trovano in alcune zone), dovremmo essere sicuri che quell’acqua non solo sia quanto meno migliore dell’acqua del nostro rubinetto, ma soprattutto dovremmo aver sterilizzato i contenitori nella quale andiamo a raccoglierla.
Km 0 non può significare indistintamente tutto quello che è locale, indifferentemente dalla sua qualità. Ecco perché se scegliamo di bere l’acqua in bottiglia, sarebbe buona cosa sceglierla della propria regione, perché nasce qui e fa veramente pochi chilometri di strada. Ancora oggi sono ammaliata dall’acqua Evian, un marketing strepitoso (gruppo Danone) per quella che è l’acqua più venduta al mondo e con una produzione di oltre 1,4 miliardi di litri all’anno che vende ovunque. Goccia di Carnia di litri ne produce 140 milioni l’anno, che vende localmente in Friuli Venezia Giulia e al Nord Italia. Quando vivevo in Francia, l’acqua Evian era uno status symbol e la trovavi anche nei nebulizzatori facciali per rendere la tua pelle sana e bella. Questo succede anche oggi. E se un’acqua può raggiungere tale vette dell’immaginario collettivo, ritengo che ogni cosa può fare altrettanto grazie al marketing. Oggi che ne siamo coscienti e abbiamo abbastanza strumenti di informazione, possiamo anche scegliere con giudizio in alcuni casi e optare per la logica.
A questo proposito, a rischio di saltare di palo in frasca, non posso non citare il produttore e amico Stefano Mancinelli, che ho avuto occasione di conoscere all’ultima edizione di Terroir Vino a Genova. Eccezionale la frase nella retro etichetta del suo Lacrima di Morro d’Alba: “Vino logico prodotto con uve ottenute da vigneti in coltivazione agronomica”. Il buon senso alle volte ci giuda meglio di qualsiasi altra considerazione. Tra l’altro merita dire che i suoi vini sono davvero da consigliare, e sicuramente lo andrò a trovare prima o poi nella sua cantina e frantoio nelle Marche.
Tornando al tema principale, cioè all’acqua, vale la pena andarci a vedere quella fonte di montagna, per scoprire con i propri occhi che cos’è e com’è e per toccarla con mano. L’estate è il momento ideale per farlo, magari partecipando anche ad una bellissima iniziativa come il Girarifugi – un tour con quasi 30 tappe tra rifugi e malghe. Se tra Giugno e il 31 ottobre 2014 vi impegnate e di tappe ne fate svariate, ci sono dei premi in palio, oltre all’onore di essere un mito delle montagne del Friuli, del Cadore e della Carinzia! Qui l’iniziativa con tutti i dettagli per il 2014 Girarifugi. Io sono stata al Rifugio Tolazzi sopra Forni Avoltri ed ho mangiato molto bene e tanto! Tra l’antipasto con crostini di polenta e salame, il bis di primi con cjarsons e blecs e il frico con polenta e fagioli non saprei cosa scegliere rispetto a quello che mi è piaciuto di più…forse i blecs, troppo buoni fatti alla carnica con salsiccia affumicata.