“Nei periodi di crisi, se si hanno idee e qualità, non si può che migliorare”, questa la frase di Annalisa Zorzettig, dell’omonima azienda vitivinicola di Spessa di Cividale, che esprime maggiormente il sentimento di chi, in questi anni difficili, ha trovato il tempo di fermarsi a riflettere, per poi rimboccarsi le maniche con maggiore consapevolezza. Una frase che mi è rimasta impressa, perchè condivido, e perchè porta con sè un’immagine di valore del lavoro di ciascuno di noi: le avversità sono una costante della vita e siamo noi a decidere se soccombere o riuscire a trarre qualcosa di buono anche da esse.
Nel contesto specifico, quelle parole si collocano nel racconto di Annalisa riguardo la decisione di questi ultimi anni di produrre una nuova linea di vini, dal nome Myò, in cui una maggiore cura e selezione delle uve in vigneto e un affinamento più lungo in cantina, danno vita a vini di qualità superiore, la cui conferma arriva anche dai concorsi enologici e dal riscontro del mercato. L’occasione era un incontro organizzato nelle sale della cantina per degustare i vini di questa linea e per la presentazione di una start up friulana che ha intrapreso la via del wine design.
Che cos’è il wine design? E’, in senso figurato, una modalità di raccontare e vivere il vino: oltre la singola etichetta, oltre il territorio e le denominazioni, il design ha a che fare con la funzionalità, con l’uso e quindi con la quotidianità. Fare entrare nella vita di tutti i giorni il vino, a me piace molto come proposito! La bottiglia diventa parte integrante del nostro modo di vivere, essendo oltretutto già presente nel nostro modello culturale. Non stento a credere che i creatori di Cavò, una custodia in legno porta bottiglia che si riutilizza come composizione modulare di cantinetta, stiano ottenendo visibilità in mercati stranieri. Il vino è parte integrante della cultura italiana, e perciò alle volte sottovalutato e dato per scontato: chi, invece, anela al nostro stile di vita e ai simboli del made in Italy, vorrebbe ricrearlo con oggetti e atmosfere. Ed in questa direzione, per esempio, il Politecnico di Milano ha varato anche un corso di alta formazione: Wine Design, riti, oggetti e territori per creare sistema attorno al vino.
La start up friulana ha quindi ideato questo primo oggetto, Cavò appunto, per poi in un secondo momento allargare la propria produzione con altre soluzioni di arredamento che privilegiano il rapporto vino e vita. Chi è mediamente un appassionato di vino, cioè colui che ama il calice di vino a pasto e la bottiglia particolare almeno una volta la settimana, ha sicuramente un luogo della casa deputato in cui ripone le sue etichette. Non sto parlando di chi ha la possibilità di avere una cantina attrezzata a temperatura regolata, ma di chi vive magari in appartamento. A casa mia, l’angolo vino è al piano terra, che è fresco e a temperatura abbastanza costante: mi piace poi che chi entra in casa, abbia subito l’idea che il vino è un elemento importante, che connota l’ambiente e lo stile.
Questi fermenti imprenditoriali e l’attenzione che si pone sempre più in relazione a settori quali il vino, l’enogastronomia e il turismo sono una via per costruire una visione attuale su radici che ci sono proprie. E guardare con altri occhi la nostra realtà, ci servirà per comprenderla più a fondo e trarne nuove soluzioni per il presente ed il futuro.