A Trieste il cibo è anche scienza

In Events, Friuli Venezia Giulia by elenaroppaLascia un commento

Piazza Unità a Trieste allestita per Trieste Next 2012

Piazza Unità a Trieste allestita per Trieste Next

Trieste è una città che riveste un ruolo molto importante nel panorama della ricerca scientifica a livello mondiale. Trieste è a tutti gli effetti città della scienza, oltre ad essere salotto della mitteleuropa, caffè storici, dolce vita di Barcola, cotto col cren e molto altro ancora. Tipicamente Friuli Venezia Giulia è essere più anime contemporaneamente, non riuscire quasi mai a scegliere quale incarnare fino in fondo e quindi essere sfuggente, labile ed emozionale per il passante distratto. Eppure chi vive qui sa benissimo quanto sia fondamentale per la dinamica cittadina questo respiro internazionale, che ogni giorno porta a Trieste scienziati e ricercatori da tutto il mondo, che in questa località studiano, progettano soluzioni, mettono alla prova le loro conoscenze. Fisica teorica, farmaceutica, ingegneria genetica e biotecnologia, astronomia, biologia sono solo alcuni dei campi oggetto di studio a Trieste.

Questo fortissimo legame con la scienza trova una sua naturale espressione in Trieste Next, Salone Europeo dell’Innovazione e della Ricerca Scientifica, che per la prima volta ha preso vita nel week end appena passato. La prima edizione ha cavalcato un tema di interesse generale e sicuramente “alla moda”, cioè l’alimentazione. Essendo l’argomento a me caro, ho selezionato dal ricchissimo programma della tre giorni alcuni appuntamenti che m’incuriosivano, soprattutto in funzione del legame tra cibo e vino e scienza ed innovazione.

Devo ammettere che ho dovuto rinunciare in partenza ad un tema che m’intrigava, quello degli insetti come alternativo cibo del futuro, perchè  il mio accompagnatore non ne voleva sapere e, conoscendomi bene, era disgustato dall’idea di vedermi ingerire per pura curiosità cavallette e larve! Ho invece partecipato al laboratorio “A cena con delitto: percorso tra gusto, tradizione e genetica”, veramente interessante e molto ben fatto. Il titolo poteva trarre in inganno, alludendo a quella serie di eventi in cui durante la cena si assiste anche ad uno spettacolo teatrale “giallo”, in realtà tutta l’attenzione era rivolta al legame tra gusto e genetica.

Frico, crostino con salsa al peperoncino di Tolmezzo, prosciutto di Sauris, radic di mont e crostino all'aglio di resia

Frico, crostino con salsa al peperoncino di Tolmezzo, prosciutto di Sauris, radic di mont e crostino all’aglio di resia

Ti aggrada il gusto amaro? Mangi senza batter ciglio il radic di mont (germogli di radicchio spontaneo che si colgono nelle Alpi Carniche, presidio Slow Food Fvg) e bevi la deliziosa birra di Sauris? Allora forse sei destinato con più facilità a tirar le cuoia per un’intossicazione! A parte gli scherzi, la percezione del gusto amaro nell’uomo è prodotta in funzione della salvaguardia della specie, poichè l’amaro identifica solitamente in natura il tossico e velenoso. E’ una scoperta involontaria che risale al 1931, per opera del chimico Arthur Fox, che l’umanità si divide in due grandi categorie, i sensibili all’amaro e coloro per i quali questo gusto è alquanto indifferente. Tale percezione si differenzia anche in base alla zone geografiche di residenza, all’età anagrafica e chiaramente alle tradizioni e alla cultura personale. Non bisogna infatti dimenticare che il gusto non è solo genetica, ma è sicuramente anche vissuto personale che si intreccia con la genetica.

La diversità di percezione del gusto amaro è data da una variante genetica a livello di DNA e dal fatto che le persone maggiormente sensibili all’amaro hanno una lingua “diversa” rispetto agli altri (maggior numero di papille gustative e maggiori terminazioni nervose). Questi non ameranno i broccoli crudi, la caffeina, il pompelmo e le sigarette: a ben vedere, i risvolti positivi dati dalla genetica ci sono, eccome!

Tutti possono fare il semplice esperimento che porta alla scoperta del gruppo di appartenenza con una cartina di PTC (phenylthiocarbamide), che è l’indicatore del gusto amaro. E’ sufficiente appoggiare qualche secondo sulla lingua questa cartina, toglierla e poi sentire o non sentire l’amaro. Dalle statistiche risulta che il 70% delle persone percepisce il gusto amaro, mentre il restante 30% non lo percepisce. Io personalmente faccio parte del gruppo non sensibile all’amaro, ma credo che molto valga il fatto che per educazione alimentare e per passione mi piace sperimentare e non mi fermo davanti ad un pò di amaro! E voi da che parte state? Giocare intrecciando cibo, scienza e cultura non è niente male!

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